Berlusconi: sono il miglior presidente che l'Italia abbia avuto in 150 anni

Aperto da padi73, Settembre 11, 2009, 14:32:43 PM

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Dισиιsισ

Citazione di: padi73 il Novembre 20, 2009, 15:51:14 PM

Ma se questa privatizzazione portasse ad un abbassamento delle tariffe dell'acqua ben venga la privatizzazione.


Ma si, ben vengano anche le infiltrazioni mafiose, tanto ormai i primi sono loro ...

ALEX78

Citazione di: Dισηιsισ il Novembre 20, 2009, 16:13:58 PM
Ma si, ben vengano anche le infiltrazioni mafiose, tanto ormai i primi sono loro ...
Poi dici che sono io a voler aggirare l'ostacolo.
Ti ho messo davanti nomi, cognomi e fatti e tu ancora che parli di "mafiosità" del Governo...
Potrei mai votare uno che ice "ribelliamoci a questo provvedimento", e poi si viene a scoprire che lui era il firmatario dello staesso provvedimento poco tempo prima? Suvvia!!!!!!!

Piove... Governo ladro!!

Dισиιsισ

Nessuno ti ha chiesto di votarlo Alex!!! Io sto parlando qui delle conseguenze (ovvie) alle quali porta il privatizzare un bene come l'acqua! Dai parliamoci chiaro, non mi venire a dire che non ci potrebbero essere infiltrazioni mafiose! E che cavolo!

fra 80

Berlusconi, chiamando il suo "Fornitore" chiese:

"Mandami una escort di 25 anni x stasera!"

Più tardi, la seconda telefonata:

"Come on take a trip with me
To the land where love is free
Follow me into the light
Everythings gonna be allright!"

ALEX78

Citazione di: Dισηιsισ il Novembre 20, 2009, 23:16:30 PM
Nessuno ti ha chiesto di votarlo Alex!!! Io sto parlando qui delle conseguenze (ovvie) alle quali porta il privatizzare un bene come l'acqua! Dai parliamoci chiaro, non mi venire a dire che non ci potrebbero essere infiltrazioni mafiose! E che cavolo!
Ma cavolo... Allora non capisci che la privatizzazione già c'è?
E che proprio per evitare anomalie questa privatizzazione viene accentrata e non è più a discrezione degli enti locali?

m@uro

Il retroscena. Un nuovo "lodo Alfano" in veste costituzionale
potrebbe essere presentato già entro giovedì prossimo

Il Cavaliere chiede le garanzie di Alfano
"Subito il processo breve o te ne vai"

di LIANA MILELLA


ROMA - Ha fretta Berlusconi. Soprattutto dopo le notizie sulle indagini di mafia che potrebbero coinvolgerlo in arrivo da Caltanissetta e Firenze. Sul processo breve e sul lodo Alfano in veste costituzionale il Cavaliere non accetta, né sopporta, più rinvii o divergenze all'interno della maggioranza. Neppure se i prudenti distinguo arrivano dal suo Guardasigilli Angelino Alfano. Succede così che venerdì, nel corso del pranzo a palazzo Grazioli, tra il premier, Letta, Bonaiuti, Ghedini, Scajola, La Russa, lo stesso Alfano, Cicchitto e Gasparri, il capo del governo esploda in uno scatto di collera contro il ministro della Giustizia.
Si fanno i conti sui tempi di approvazione del processo breve. Che non si presentano rosei per via degli incastri tra il ddl e la Finanziaria. I capigruppo non nascondono i timori. È incerto che ce la si faccia al Senato prima di Natale. Alla Camera non ci sarà l'ok prima di metà di febbraio. Non si può escludere un terzo passaggio. A questo punto Berlusconi ipotizza di ricorrere a un decreto legge. Alfano lo interrompe e gli dice: "No, questo non so se lo possiamo fare". Il Cavaliere perde la calma e lo aggredisce: "Tu forse non hai capito l'importanza della questione che stiamo affrontando. O noi risolviamo questo problema subito, oppure tu te ne vai, perché sappi che ci sono molti altri che possono fare il ministro della Giustizia al posto tuo". Gelo e imbarazzo intorno al tavolo. Ma la colazione prosegue.

L'ossessione dei tempi e l'incastro tra processo breve e nuovo lodo Alfano restano sul tavolo. L'urgenza del premier ha, dal suo punto di vista, una più che buona ragione. Legata alle indagini sulle stragi del '92-93. Nella sala da pranzo aleggia lo spettro dell'avviso di garanzia che appare come una fotocopia, ben più aggravata, di quello per corruzione che gli fu recapitato da Milano nel '94 durante il summit Onu di Napoli. L'Espresso fresco di stampa, e che Berlusconi ha letto giovedì nella copia staffetta, gli ha rovinato la notte. Ma gli ha pure definito in testa la strategia dei tempi. Un'imputazione per mafia (concorso esterno o peggio un coinvolgimento nelle stragi) potrebbe costringerlo a giocare subito la carta delle elezioni anticipate e di una nuova e forte investitura del popolo. Un voto al quale non può andare "nudo", pure con i processi Mills e Mediaset ancora in piedi, pronti a produrre condanne per corruzione e frode fiscale. Almeno quelli vanno chiusi. A questo serve il processo breve. Che quindi deve correre in modo rapidissimo verso l'approvazione. Senza scontri interni. Senza rischiare lo stop di Napolitano per manifesta incostituzionalità. L'ordine perentorio di Berlusconi è di evitare ulteriori polemiche con i finiani e trovare la mediazione nella consulta per la giustizia presieduta da Ghedini.

Poi tocca al lodo Alfano su cui, nel corso del pranzo, s'è aperta un'ulteriore querelle. Chi deve presentarlo? Il governo o un singolo parlamentare? Chi darà il cognome al nuovo scudo? E in quale Camera? Da solo o insieme all'immunità? Entro giovedì quando, sempre a palazzo Grazioli, si riunirà l'ufficio di presidenza del Pdl, gli interrogativi avranno ricevuto la risposta. È molto probabile che il nuovo lodo sarà già stato presentato da un parlamentare, perché stavolta l'esecutivo non se ne assumerà la responsabilità per favorire la convergenza delle opposizioni, in particolare dell'Udc. Il testo sarà modellato sulle indicazioni della Consulta, anche se il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri già fa mostra di scetticismo: "Di quelli non mi fido. Pur di bocciarlo magari diranno che l'abbiamo approvato nel giorno sbagliato o che abbiamo commesso degli errori nella punteggiatura".

Per giovedì sarà noto anche il nuovo testo del processo breve, su cui in queste ore i componenti della consulta per la giustizia del Pdl, presidente Ghedini e vice Giuseppe Valentino (il relatore del ddl al Senato), stanno facendo i compiti a casa per cambiare, nell'ordine, la lista dei reati (ampliandola), l'entrata in vigore (si applicherà in ogni grado), la questione degli incensurati, la divisione degli anni (anziché due più due più due, tre più due più uno per primo grado, appello Cassazione). Tutto chiuso per giovedì.

© Riproduzione riservata (22 novembre 2009)
http://www.repubblica.it/2009/11/sezioni/politica/giustizia-18/garazie-alfano/garazie-alfano.html

:r0x:


Dισиιsισ

#216
Ragazzi, io sono davvero stanco di dovermi battere quotidianamente (nella vita reale dico), con gente che ancora si ostina a non capire! Questo appena postato da mauro è l'ennesimo segnale che tutto ciò che si fa al governo viene fatto solo per tutelare una persona che non dovrebbe minimamente ricoprire la carica che invece ricopre, anzichè pensare al bene di uno stato intero! Allora io dico: quali altri marchingegni schifosi devono ancora mettere in atto affinchè l'Italia (paese di ebeti!!!) possa capire che questo stato di cose non va bene e che quest'uomo ignobile deve essere mandato a casa?

padi73

Citazione di: Dισηιsισ il Novembre 22, 2009, 12:21:10 PM
e che quest'uomo ignobile deve essere mandato a casa?
Mandato a casa? Deve essere mandato in galera altro che casa :D

padi73

Citazione di: Dισηιsισ il Novembre 19, 2009, 13:54:55 PM

Hai letto che vogliono organizzare anche il Si Berlusconi Day? :D
Nello stesso giorno e nella stessa piazza  :D






Il 5 dicembre tutti a Roma per il Sì B-Day

Sabato 5 dicembre tutti a Roma per il Sì B-Day, una manifestazione nazionale a sostegno di Silvio Berlusconi, per difendere libertà e democrazia dai tanti nemici che da quindici anni cercano con ogni mezzo lecito e sopratutto illecito di sovvertire la volontà del popolo italiano.

Silvio Berlusconi è l'uomo che ha impedito nel 1994, attraverso libere elezioni, la conquista del potere da parte del Partito Comunista Italiano, che dopo la caduta del Muro di Berlino aveva solo cambiato nome.

Per questo Silvio Berlusconi è oggetto della più impressionante aggressione ad personam della storia contemporanea da parte della magistratura politicizzata. La stessa che aveva spianato la strada ai comunisti eliminando i partiti democratici e occidentali attraverso la galera, la distruzione morale, la violenza giudiziaria, con gli stessi metodi utilizzati nelle dittature comuniste contro i dissidenti.

Per questo Silvio Berlusconi è oggetto della più impressionate campagna di odio ad personam. Contro di lui ogni infamia è stata pronunciata, ogni violenza incitata, tanto da mettere in pericolo la sua incolumità personale.

Silvio Berlusconi è l'unico imprenditore ad aver creato da zero una delle poche grandi imprese private italiane, senza mai ricevere un centesimo dallo Stato.

Per questo è oggetto di una guerra ad personam da parte di quegli affaristi che hanno fatto fallire le loro imprese e hanno costruito la loro fortuna economica sulla predazione del denaro pubblico, attraverso mezzi leciti e, più spesso, illeciti.

Silvio Berlusconi è l'uomo che ha cambiato le regole della politica,che ha rotto la barriera tra la politica e i cittadini eretta dai partiti a difesa dei privilegi dei pochi contro i diritti dei più. Che da quindici anni combatte per cambiare dalle fondamenta lo Stato, perché esso sia al servizio di tutti gli italiani e non delle caste di potere.

Per questo è osteggiato dai protagonisti della vecchia politica, dagli uomini di Palazzo, nessuno escluso. Essi sono mossi dalla volontà di restaurare il passato e, taluni, sono corrosi di odio ad personam per invidia e frustrazione di fronte a un uomo che ha avuto successo dove loro hanno fallito.

Silvio Berlusconi è l'uomo che ha sempre agito rispettando la Costituzione della Repubblica su cui ha giurato; e che si è sempre sottoposto alla più importante prova che esista in democrazia: il voto popolare.

Silvio Berlusconi rappresenta l'argine contro i nemici della libertà e della sovranità del popolo, contro chi, ancora una volta, tenta di sovvertire con la violenza e l'uso politico della giustizia il risultato di libere elezioni e oggi può contare dell'aiuto di chi non ha compreso – per malafede o cecità – che non è in gioco il destino di un uomo, ma il presente e il futuro della libertà.

Giorgio Stracquadanio

Dισиιsισ

Allora, premettendo che tutto quello che hai riportato a me sinceramente mi fa davvero sbellicare dal ridere, è davvero meglio di un intera stagione di Zelig e Colorado messe assieme, comunque la notizia alla fine è una bufala nel senso che questa "contro"-manifestazione non ci sarà (per lo meno non a Roma);
Io stesso mi sono informato perchè all'inizio la cosa mi aveva un po' preoccupato sapendo come è messa a Roma la situazione riguardanti i "fanatici" di estrema destra; siccome faccio parte del gruppo di coordinamento della provincia in cui mi trovo per il No Berlusconi Day sono riuscito ad informarmi meglio: innanzitutto non sono riusciti ad accogliere adesioni (mentre vi ricordo che al momento la pagina di Facebook del NBD da dove è partito il tutto ha oltre 300.000 sostenitori), e in secondo luogo non hanno avuto nessun permesso dalla questura e nessuna autorizzazzione e se faranno qualcosa la faranno ad Arcore in Berlusconi-land! RIDICOLI,PATETICI, INCONCLUDENTI!

Dισиιsισ

Citazione di: padi73 il Novembre 22, 2009, 14:04:28 PM


Silvio Berlusconi è l'unico imprenditore ad aver creato da zero una delle poche grandi imprese private italiane, senza mai ricevere un centesimo dallo Stato.

.....


Silvio Berlusconi è l'uomo che ha cambiato le regole della politica,che ha rotto la barriera tra la politica e i cittadini eretta dai partiti a difesa dei privilegi dei pochi contro i diritti dei più. Che da quindici anni combatte per cambiare dalle fondamenta lo Stato, perché esso sia al servizio di tutti gli italiani e non delle caste di potere.

Silvio Berlusconi è l'uomo che ha sempre agito rispettando la Costituzione della Repubblica su cui ha giurato; e che si è sempre sottoposto alla più importante prova che esista in democrazia: il voto popolare.

Silvio Berlusconi rappresenta l'argine contro i nemici della libertà e della sovranità del popolo, contro chi, ancora una volta, tenta di sovvertire con la violenza e l'uso politico della giustizia il risultato di libere elezioni e oggi può contare dell'aiuto di chi non ha compreso – per malafede o cecità – che non è in gioco il destino di un uomo, ma il presente e il futuro della libertà.

Giorgio Stracquadanio



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DjMonak

Citazione di: padi73 il Novembre 22, 2009, 14:04:28 PM
Per questo Silvio Berlusconi è oggetto della più impressionate campagna di odio ad personam. Contro di lui ogni infamia è stata pronunciata, ogni violenza incitata, tanto da mettere in pericolo la sua incolumità personale.
Come direbbe Antonio Cornacchione, "Povero Silvio"!  >:(

Citazione di: padi73 il Novembre 22, 2009, 14:04:28 PM
Silvio Berlusconi è l'uomo che ha cambiato le regole della politica
Su questo non c'è dubbio...  ::)

m@uro

L'ex presidente: "Io non uso aderire ad appelli, ma condivido quello di Saviano"
Preoccupato per la salute della nostra democrazia: "Manipolazione delle regole"

Ciampi: "Basta leggi ad personam
Berlusconi delegittima le istituzioni"

di MASSIMO GIANNINI



«Viviamo un tempo triste. Negli anni finali della mia vita, non immaginavo davvero di dover assistere ad un simile imbarbarimento dell'azione politica, ad una aggressione così brutale e sistematica delle istituzioni e dei valori nei quali ho creduto...». La prima cosa che colpisce, nelle parole di Carlo Azeglio Ciampi, è l'amarezza. Un'amarezza profonda, sul destino dell´Italia e sulle condizioni della nostra democrazia.

E mai come in questa occasione l'ex capo dello Stato, da vero "padre nobile" della Repubblica, lancia il suo atto d'accusa contro chi è responsabile di questo "imbarbarimento" e di questa "aggressione": Silvio Berlusconi, il suo governo e la sua maggioranza, che stanno abbattendo a "colpi di piccone" i principi sui quali si regge la Costituzione, cioè "la nostra Bibbia civile".

"Vede - ragiona Ciampi - la mia amarezza deriva dalla constatazione ormai quotidiana di quanto sta accadendo sulla giustizia, ma non solo sulla giustizia. È in corso un vero e proprio degrado dei valori collettivi, si percepisce un senso di continua manipolazione delle regole, una perdita inesorabile di quelli che sono i punti cardinali del nostro vivere civile". Vale per tutto: non solo i rapporti tra politica e magistratura. Le relazioni tra potere esecutivo e Parlamento, tra governo e presidenza della Repubblica, tra premier e organi di garanzia, a partire dalla Corte costituzionale. L'intero sistema istituzionale, secondo Ciampi, è esposto ad un'opera di progressiva "destrutturazione". "Qui non è più una questione di battaglia politica, che può essere anche aspra, come è naturale in ogni democrazia. Qui si destabilizzano i riferimenti più solidi dell'edificio democratico, cioè le istituzioni, e si umiliano i valori che le istituzioni rappresentano. Questa è la mia amara riflessione...".


Ciampi, forse per la prima volta, parla senza mezzi termini del Cavaliere, e di ciò che ha rappresentato e rappresenta in questo "paesaggio in decomposizione". "Mi ricordo un bel libro di Marc Lazar, uscito un paio d'anni fa, nel quale io e Berlusconi venivamo raccontati come gli estremi di un pendolo: da una parte Ciampi, l'uomo che difende le istituzioni, e dall'altra parte Berlusconi, l'uomo che delegittima le istituzioni. Mai come oggi mi sento di dire che questa immagine riassume alla perfezione quello che penso. Io ho vissuto tutta la mia vita nelle istituzioni e per le istituzioni, che sono il cuore della democrazia. E non dimentico la lezioni di Vincenzo Cuoco sulla Rivoluzione napoletana del 1797: alla felicità dei popoli sono più necessari gli ordini che gli uomini, le istituzioni oltrepassano i limiti delle generazioni. Ma poi, a rendere vitali le istituzioni, occorrono gli uomini, le loro passioni civili, i loro ideali di democrazia. Ed io, oggi, è proprio questo che vedo mancare in chi ci governa...".

L'ultimo capitolo di questa nefasta "riscrittura" della nostra Costituzione formale e materiale riguarda ovviamente la giustizia, il Lodo Alfano e ora anche il disegno di legge sul processo breve con il quale il premier, per azzerare i due processi che lo riguardano, fa terra bruciata dell'intera amministrazione giudiziaria corrente. Anche su questo la condanna di Ciampi è senza appello: "Le riforme si fanno per i cittadini, non per i singoli. L'ho sempre pensato, ed oggi ne sono più che mai convinto: basta con le leggi ad personam, che non risolvono i problemi della gente e non aiutano il Paese a migliorare". Fa di più, l'ex presidente della Repubblica. E si spinge a riflettere su ciò che potrà accadere, se e quando questa nuova legge-vergogna sarà approvata: "Io non do consigli a nessuno, meno che mai a chi mi ha succeduto al Quirinale. Ma il capo dello Stato, tra i suoi poteri, ha quello della promulgazione. Se una legge non va non si firma. E non si deve usare come argomento che giustifica sempre e comunque la promulgazione che tanto, se il Parlamento riapprova la legge respinta la prima volta, il presidente è poi costretto a firmarla. Intanto non si promulghi la legge in prima lettura: la Costituzione prevede espressamente questa prerogativa presidenziale. La si usi: è un modo per lanciare un segnale forte, a chi vuole alterare le regole, al Parlamento e all'opinione pubblica". Ciampi non nomina Napolitano, ma fa un riferimento implicito a Francesco Saverio Borrelli: "Credo che per chi ha a cuore le istituzioni, oggi, l'unica regola da rispettare sia quella del "quantum potes": fai ciò che puoi. Detto altrimenti: resisti".

Lui stesso, nel suo settennato sul Colle, ha resistito più volte alle spallate del Cavaliere. Dalla legge Gasparri per le tv alla riforma dell'ordinamento giudiziario di Castelli: "È vero, ma ho fatto solo il mio dovere. C'è solo una cosa, della quale mi rammarico ancora oggi: il mio unico messaggio alle Camere, quello sul pluralismo del sistema radiotelevisivo e dell'informazione. Allora era un tema cruciale, per la qualità della nostra democrazia. Il Parlamento non lo raccolse, e da allora non si è fatto niente. Oggi, e basta guardare la televisione per rendersene conto, quel tema è ancora più grave. Una vera e propria emergenza".

Ma in tanto buio, secondo Ciampi c'è anche qualche spiraglio di luce. Per esempio l'appello lanciato su "Repubblica" da Roberto Saviano, che chiede al premier di ritirare la legge sull'abbreviazione dei processi, la "norma del privilegio". "Io - commenta il presidente emerito della Repubblica - per il ruolo che ho ricoperto non uso firmare appelli. Ma condivido dalla prima all'ultima riga quello di Saviano. Risponde a uno dei principi che mi hanno guidato per tutta la vita. E il fatto che abbia ottenuto così tante adesioni rappresenta una speranza, soprattutto per i giovani. È il vecchio motto dei fratelli Rosselli: non mollare. Loro pagarono con la vita la fedeltà a questo principio. Qui ed ora, in Italia, non c'è in gioco la vita delle persone. Ma ci sono i valori per i quali abbiamo combattuto e nei quali abbiamo creduto. In ballo c'è la buona democrazia: credetemi, è abbastanza per non mollare".

© Riproduzione riservata
(23 novembre 2009)

http://www.repubblica.it/2009/11/sezioni/politica/giustizia-18/intervista-ciampi/intervista-ciampi.html

Credo non si possa dubitare della  buona fede di Ciampi...


padi73

E' un po' lunghetto ma l'ho trovato molto interessante.



http://www.repubblica.it/2009/10/sezioni/cronaca/mafia-10/resa-conti/resa-conti.html

Mafia, perché i pentiti accusano Berlusconi

NELL'INCHIESTA sui mandanti delle stragi del 1993 estranei a Cosa Nostra entrano Autore 1 e Autore 2. Gli ultimi interrogatori della procura di Firenze hanno una particolarità. Tecnica, ma comprensibilissima. I primi testimoni sono stati ascoltati in un'inchiesta a "modello 44", "notizie di reato relative a ignoti". Gli ultimi, a "modello 21", dunque "a carico di noti". I pubblici ministeri, nei documenti, non svelano i nomi dei nuovi indagati. Chi sono Autore 1 e 2? Secondo le indiscrezioni pubblicate già nei giorni scorsi dai quotidiani vicini al governo, sono Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri, la cui posizione era stata già archiviata il 3 maggio del 2002. Se così fosse, l'atto è dovuto. Non è un mistero (un migliaio di pagine sono state depositate, tre giorni fa, al processo di appello a Dell'Utri che si celebra a Palermo) che un nuovo testimone dell'accusa - Gaspare Spatuzza - indica nel presidente del consiglio e nel suo braccio destro i suggeritori della campagna stragista di sedici anni fa. Queste sono le "nuove" dai palazzi di giustizia, ma quel che si scorge è molto altro. L'intero fronte mafioso è minacciosamente in movimento. "La Cosa Nostra siciliana" si prepara a chiedere il conto a un Berlusconi che appare, a ragione, in tensione e sicuro che il peggio debba ancora venire.

Accade che, nella convinzione di "essere stata venduta" dopo "le trattative" degli anni Novanta, la famiglia di Brancaccio ha deciso di aggredire - in pubblico e servendosi di un processo - chi "non ha mantenuto gli impegni". Ci sono anche i messaggi di morte. Al presidente del Senato, Renato Schifani, siciliano di Palermo. O, come raccontano le "voci di dentro" di Cosa Nostra, avvertimenti che sarebbero piovuti su Marcello Dell'Utri. Un'intimidazione che ha - pare - molto impaurito il senatore e patron di Publitalia. Sono sintomi che devono essere considerati oggi un corollario della resa dei conti tra Cosa Nostra e il capo del governo. È il modo più semplice per dirlo. Perché di questo si tratta, del rendiconto finale e traumatico tra chi (Berlusconi) ha avuto troppo e chi (Cosa Nostra) ritiene di avere nelle mani soltanto polvere dopo molte promesse e infinita pazienza. Questo scorcio di 2009 finisce così per avere molti punti di contatto con il 1993 quando la Penisola è stata insanguinata dalle stragi: Roma, via Fauro (14 maggio); Firenze, via Georgofili (27 maggio); Milano, via Palestro (27 luglio); Roma, S. Giorgio al Velabro e S. Giovanni in Laterano (28 luglio); Roma, stadio Olimpico (23 gennaio 1994), attentato per fortuna fallito. Nel nostro tempo, non c'è tritolo e devastazione, ma l'annuncio di una "verità" che può essere più distruttiva di una bomba. Per lo Stato, per chi governa il Paese.

Per capire quel che accade, bisogna sapere un paio di cose. La famiglia mafiosa dei fratelli Giuseppe e Filippo Graviano di Brancaccio a Palermo è il nocciolo irriducibile - con i Corleonesi di Riina e Bagarella, con i Trapanesi di Matteo Messina Denaro (latitante) - di una Cosa nostra siciliana che oggi ha il suo "stato maggiore" in carcere e in libertà soltanto mischini senza risorse, senza influenza, senza affari, incapace anche di concludere uno sbarco di cocaina perché priva del denaro per acquistare un gommone. La seconda cosa che occorre ricordare è che gli "uomini d'onore" non hanno mai ammesso di essere un'"associazione" (Giovanni Bontate che, in un'aula di tribunale, usò con leggerezza il noi fu fatto secco appena libero).

I mafiosi non hanno mai accettato di discutere i fatti loro, anche soltanto di prendere in considerazione l'ipotesi di lasciar entrare uno sguardo estraneo negli affari della casa, figurarsi poi se gli occhi erano di magistrato. Apprezzati questi due requisiti "storici", si può comprendere meglio l'originalità di quanto accade, ora in questo momento, dentro Cosa Nostra. Tra Cosa Nostra e lo Stato (i pubblici ministeri). Tra Cosa Nostra e gli uomini (Berlusconi, Dell'Utri) che - a diritto o a torto, è tutto da dimostrare - i mafiosi hanno considerato, dal 1992/1993 e per quindici anni, gli interlocutori di un progetto che, dopo le stragi, avrebbe rimesso le cose a posto: i piccioli, il denaro, al sicuro; i "carcerati" o fuori o dentro, ma in condizioni di tenere il filo del loro business; mediocri e distratte politiche della sicurezza; lavoro giudiziario indebolito per legge; ceto politico disponibile, come nel passato, al dialogo e al compromesso con gli interessi mafiosi.

Sono novità che preparano una stagione nuova, incubano conflitti dolorosi e pericolosi. La campana suona per Silvio Berlusconi perché, nelle tortuosità che sempre accompagnano le cose di mafia, è evidente che il 4 dicembre - quando Gaspare Spatuzza, mafioso di Brancaccio, testimonierà nel processo di appello contro Marcello Dell'Utri - avrà inizio la resa dei conti della famiglia dei fratelli Graviano contro il capo del governo che, in agosto, ha detto di voler "passare alla storia come il presidente del Consiglio che ha sconfitto la mafia".

È un fatto sorprendente che i mafiosi abbiano deciso di parlare con i pubblici ministeri di quattro procure (Firenze, Caltanissetta, Palermo, Milano). Vogliono contribuire "alla verità". Lo dice, con le opportune prudenze, anche Giuseppe Graviano, "muto" da quindici anni. Quattro uomini della famiglia offrono una collaborazione piena. Sono Gaspare Spatuzza, Pietro Romeo, Giuseppe Ciaramitaro, Salvatore Grigoli. Spiegano, ricordano. Chiariscono come nacque, e da chi, l'idea delle stragi che non "avevano il dna di Cosa Nostra" e che "si portarono dietro quei morti innocenti". Indicano l'"accordo politico" che le giustificò e le rese necessarie "per il bene della Cosa Nostra". I nomi di Berlusconi e Dell'Utri saltano fuori in questo snodo.

Gaspare Spatuzza, 18 giugno 2009, ricostruisce la vigilia dell'attentato all'Olimpico: "Giuseppe Graviano mi ha detto "che tutto si è chiuso bene, abbiamo ottenuto quello che cercavamo; le persone che hanno portato avanti la cosa non sono come quei quattro crasti dei socialisti che prima ci hanno chiesto i voti e poi ci hanno venduti. Si tratta di persone affidabili". A quel punto mi fa il nome di Berlusconi e mi conferma, a mia domanda, che si tratta di quello di Canale 5; poi mi dice che c'è anche un paesano nostro e mi fa il nome di Dell'Utri (...) Giuseppe Graviano mi dice [ancora] che comunque bisogna fare l'attentato all'Olimpico perché serve a dare il "colpo di grazia" e afferma: ormai "abbiamo il Paese nelle mani"".
Pietro Romeo, 30 settembre 2009: "... In quel momento stavamo parlando di armi e di altri argomenti seri. [Fu chiesto a Spatuzza] se il politico dietro le stragi fosse Andreotti o Berlusconi. Spatuzza rispose: Berlusconi. La motivazione stragista di Cosa Nostra era quella di far togliere il 41 bis. Non ho mai saputo quali motivazioni ci fossero nella parte politica. Noi eravamo [soltanto degli] esecutori".

Salvatore Grigoli, interrogatorio 5 novembre 2009: "Dalle informazioni datemi (...), le stragi erano fatte per costringere lo Stato a scendere a patti (...) Dell'Utri è il nome da me conosciuto (...), quale contatto politico dei Graviano (...) Quello di Dell'Utri, per me, in quel momento era un nome conosciuto ma neppure particolarmente importante. Quel che è certo è [che me ne parlarono] come [del nostro] contatto politico". E' una scena che trova conferme anche in parole già dette, nel tempo. I ricordi di Giuseppe Ciaramitaro li si può scovare in un verbale d'interrogatorio del 23 luglio 1996: "Mi [fu] detto che bisognava portare questo attacco allo Stato e che c'era un politico che indicava gli obiettivi, quando questo politico avrebbe vinto le elezioni, si sarebbe quindi interessato a far abolire il 41 bis (...). Quando Berlusconi [è] stato presidente del Consiglio per la prima volta, nell'organizzazione erano tutti contenti, perché si stava muovendo nel senso desiderato e [si disse] che la proroga del 41 bis era stata solo per 'fintà in modo da eliminarlo del tutto alla scadenza".

Ci sarà, certo, chi dirà che non c'è nulla di nuovo. "Pentiti di mafia" che confermano testimonianza di altri "pentiti di mafia" ci sono stati ieri, ci sono oggi. La differenza, in questo caso, è come questi uomini che hanno saltato il fosso sono trattati dagli altri, da chi - in apparenza - resta ben saldo nelle sue convinzioni di mafioso, nel suo giuramento d'omertà. Li rispettano, sorprendentemente. Non era mai capitato. Non li considerano degli "infami". Accettano il dialogo con loro. Anche i più ostinati come Cosimo Lo Nigro e Vittorio Tutino.

Cosimo Lo Nigro, il 10 settembre del 2009, è seduto di fronte a Gaspare Spatuzza. Spatuzza gli dice che "ha gioito - oggi me ne vergogno - , ma ho gioito per Capaci perché quello [Falcone] rappresentava un nemico per Cosa Nostra... ma il nostro malessere inizia nel momento in cui ci spingiamo oltre (...) su Firenze, Roma, Milano...". Lo Nigro lo ascolta, senza contraddirlo. Spatuzza ricostruisce come andarono le cose durante la preparazione della strage all'Olimpico. Lo Nigro lo lascia concludere e gli dice: "Rispetto le tue scelte, ma ancora ti chiedo: sei sicuro di ciò che dici e delle tue scelte?". Vittorio Tutino accetta di essere interrogato dai Pm di Caltanissetta. Non fa scena muta. Parla. Il suo verbale d'interrogatorio deve essere interessante perché viene secretato.

Già queste mosse annunciano la nuova stagione, ma la dirompente novità è nei cauti passi dei due boss di Brancaccio, i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano. Sono i più vicini a Salvatore Riina. Hanno guidato con mano ferma la loro "batteria" fino a progettare la strage - per fortuna evitata per un inghippo nell'innesco dell'esplosivo - di un centinaio di carabinieri all'Olimpico il 23 gennaio del 1994. Sono in galera da quindici anni. Hanno studiato (economia, matematica) in carcere. Dal carcere si sono curati dell'educazione dei loro figli affidati ai migliori collegi di Roma e di Palermo e ora sembrano stufi, stanchi di attendere quel che per troppo tempo hanno atteso. Spatuzza racconta che, alla fine del 2004, Filippo Graviano, 48 anni, sbottò: "Bisogna far sapere a mio fratello Giuseppe che se non arriva niente da dove deve arrivare, è bene che anche noi cominciamo a parlare con i magistrati". La frase è eloquente. C'è un accordo. Chi lo ha sottoscritto, non ha rispettato l'impegno. Per cavarsi dall'angolo, c'è un solo modo: dissociarsi, collaborare con la giustizia, svelare le responsabilità di chi - estraneo all'organizzazione - si è tirato indietro. Accusarlo può essere considerato "un'infamia"?

Filippo Graviano, il 20 agosto 2009, accetta il confronto con Gaspare Spatuzza. C'è una sola questione da discutere. Quella frase. Ha detto che "se non arriva niente da dove deve arrivare, è bene che anche noi cominciamo a parlare con i magistrati"? La smentita di Filippo Graviano è ambigua. In Sicilia dicono: a entri ed esci. Dice Filippo a Gaspare: "Io non ho mai parlato con ostilità nei tuoi riguardi. I discorsi che facevamo erano per migliorare noi stessi. Già noi avevamo allora un atteggiamento diverso, già volevamo agire nella legalità. Noi parlavamo di un nostro futuro in un'altra parte d'Italia". La premessa è utile al boss per negare ma con garbo: "Mi dispiace contraddire Spatuzza, ma devo dire che non mi aspetto niente adesso e nemmeno nel passato, nel 2004. Mi sembra molto remoto che possa avere detto una frase simile perché, come ho detto, non mi aspetto niente da nessuno. Avrei cercato un magistrato in tutti questi anni, se qualcuno non avesse onorato un presunto impegno".

Filippo non ha timore di pronunciare per un boss parole tradizionalmente vietate, "legalità", "cercare magistrati". Si spinge anche a pronunciarne una, indicibile: "dissociazione". Dice, il 28 luglio 2009: "Da parte mia è una dissociazione verso le scelte del passato (...). Oggi sono una persona diversa. Faccio un esempio. Nel mio passato, al primo posto, c'era il denaro. Oggi c'è la cultura, la conoscenza. (...) Io non rifarei le scelte che ho fatto".

Anche Giuseppe Graviano, 46 anni, il più duro, il più autorevole (i suoi lo chiamano "Madre natura" o "Mio padre"), incontra i magistrati, il 28 luglio 2008. E' la prima volta che risponde a una domanda dal tempo del suo arresto, il 27 gennaio 1993. Dice: "Io sono disposto a fare i confronti, con coloro che indico io e che ritengo sappiano la verità. Sono disposto a un confronto con Spatuzza ma cosa volete che sappia Spatuzza che non sa niente, faceva l'imbianchino, sarà ricattato da qualcuno". Sembra che alzi un muro e che il muro sia insuperabile, ma non è così. Quando gli tocca parlare delle stragi del 1993, ragiona: "Perché non mi avete fatto fare il confronto con i pentiti in aula, quando l'ho chiesto? Così una versione io, una versione loro e poi c'è il magistrato [che giudica]: voi ascoltavate e potevate decidere chi stava dicendo la verità. La verità, [soltanto] la verità di come sono andati i fatti.. . io vi volevo portare alla verità. E speriamo che esca la verità veramente. Ve ne accorgerete del danno che avete fatto. Se noi dobbiamo scoprire [la verità], io posso dare una mano d'aiuto. Io dico che uscirà fuori la verità delle cose. Trovate i veri colpevoli, i veri colpevoli. Si parla sempre di colletti bianchi, colletti grigi, colletti e sono sempre innocenti [questi, mentre] i poveri disgraziati...".

Gli chiedono i magistrati: "Lei sa che ci sono colletti bianchi implicati in queste storie?". Risponde: "Io non lo so. Poi stiamo a vedere se... qualcuno ha il desiderio di dirlo che lo sa benissimo... Ma io non posso dire la mia verità così. Perché non serve a niente. Invece, ve la faccio dire, io, [da] chi sa la verità".

Ora bisogna mettere in ordine quel che si intuisce nelle mosse di Cosa Nostra. I "pentiti" non sono maledetti da chi, in teoria, stanno tradendo. Al contrario, ricevono attestati di solidarietà, segnali di rispetto, addirittura cenni di condivisione per una scelta che alcuni non hanno ancora la forza di decidere. E' più che un'impressione: è come se chi offre piena collaborazione alla magistratura (Spatuzza, Romeo, Grigoli) abbia l'approvazione di chi governa la famiglia (Giuseppe e Filippo Graviano) e ancora oggi può essere considerato al vertice di un'organizzazione che, in carcere, custodisce l'intera memoria della sua storia, delle sue connessioni, degli intrecci indicibili e finora non detti, degli interessi segreti e protetti. In una formula, il peso di un ricatto che viene offerto con le parole e i ricordi delle "seconde file" in attesa che le "prime" possano valutare quel che accade, chi e come si muove.

Ecco perché ha paura Berlusconi. Quegli uomini della mafia non conoscono soltanto "la verità" delle stragi (che sarà molto arduo rappresentare in un racconto processuale ben motivato), ma soprattutto le origini oscure della sua avventura imprenditoriale, già emerse e documentate dal processo di primo grado contro Marcello Dell'Utri (condannato a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa). Di denaro, di piccioli minacciano allora di parlare i Graviano e gli uomini della famiglia di Brancaccio. Dice Spatuzza: "I Graviano sono ricchissimi e il loro patrimonio non è stato intaccato di un centesimo. Hanno investito al Nord e in Sardegna e solo così mi spiego perché durante la latitanza sono stati a Milano e non a Brancaccio. È anomalo, anomalissimo". Se a Milano - dice il testimone - Filippo e Giuseppe si sentivano più protetti che nella loro borgata di Palermo vuol dire che chi li proteggeva a Milano era più potente e affidabile della famiglia.

Dισиιsισ

Oggi l'avvocatuccio di sua maestà ha annunciato che il premier non potrà essere presente in aula venerdì prossimo per il processo che riguarda il caso Mills dove , lo ricordiamo, lui è colui che ha corrotto con un ingente somma di denaro l'avvocato inglese! Non potrà essere in aula, dice Ghedini, perchè quel giorno si riunisce il consiglio dei ministri e il premier non può mica mancare!
Ma tu guarda poverino questo premier quanto è impegnato! Io ci leggo l'ennesimo tentativo di raggirare l'ostacolo!
Ecco perchè istituire il processo breve: a furia di rimandare per motivi "improrogabili", i due anni per lui passano in fretta e come al solito resterà impunito! Ma io dico: come fanno gli italiani a non capire queste cose? Come? Boh!